La rappresentazione delle costellazioni nello zodiaco circolare di Dendera.
Camillo Trevisan
Nel 1799, Jollois e Devilliers segnalarono alcune rappresentazioni astronomiche
che compariranno poi tra le tavole della Description de
l'Égypte:
1. Lo zodiaco
[1] collocato sul
soffitto del portico del tempio di Esna (Vol. I, tav. 79,
vedi figura 1).
2. Lo zodiaco posto sul soffitto del tempio a Nord di Esna (Vol. I,
tav. 87, vedi figura 2).
3. Il bassorilievo astronomico scolpito sul soffitto del santuario
del tempio di Hermonthis (Vol. I, tav. 96,
vedi figura 3a).
4. La tavola astronomica dipinta sul soffitto di una delle tombe reali
dello stesso tempio (Vol. I, tav. 96,
vedi figura 3b).
5. Lo zodiaco installato sul soffitto del portico del tempio di Hathor
a Dendera (Vol. IV, tav. 20, vedi
figura 4a, vedi figura 4b).
6. Lo zodiaco circolare, collocato sul soffitto della cappella Est
di Osiris, posta sopra il tetto dello stesso tempio (Vol. IV, tav. 21,
vedi figura 5a,
figura 5b, e vedi anche la
figura 5c, in
basso).[2]
Figura 5c. Description de l'Égypte, vol. IV, pl. 21, Dendera, "Zodiaque sculpté au plafond de l'une des salles supérieures du grand temple". Nell'immagine sono stati messi in risalto i simboli dei dodici segni zodiacali, dei pianeti, della Luna, di Sirio, di Orione, delle tre costellazioni del Nord conosciute, l'asse del tempio e i simboli geroglifici dell'Est e dell'Ovest (tra le braccia delle divinità che sostengono il disco). Sono anche segnate le vere direzioni dei punti cardinali (segmenti esterni al disco). |
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Gli zodiaci egizi, disposti a rettangolo o a cerchio, costituiscono la forma
più tarda di decorazione astronomica di templi, sarcofagi e tombe,
risalendo tutti al periodo Ellenistico e Romano
[3]
(vedi figura 6,
figura 7,
figura 8,
figura 9).
In essi compare una forte mescolanza tra antichi temi egizi (le costellazioni
decanali [4], Orione,
Sirio ed alcune costellazioni circumpolari
[5]) e più
moderni elementi ellenistici (le costellazioni zodiacali, a loro volta di
origine Babilonese).
Lo zodiaco egizio più antico - datato attorno al 200
a.C [6] e conosciuto
con il nome di Esna A (vedi figura
2) - è rettangolare e proviene dal tempio di Khnum, vicino ad
Esna, costruito durante i regni da Tolomeo III a Tolomeo V.
Il tempio fu distrutto nel 1843 per lasciar posto ad un canale e lo zodiaco
scomparve con esso: dello zodiaco ci restano dunque solo le tavole della
Description de l'Égypte.
Quello di gran lunga più famoso, e per le ipotesi qui esposte anche
il più interessante, è tuttavia lo zodiaco circolare di Dendera
(noto con il nome di Dendera B, il primo di questo tipo di zodiaci), trasferito
a Parigi nel 1828 e oggi al Louvre, proveniente dalla metà Ovest del
soffitto della stanza centrale della cappella Est di Osiris, posta sul tetto
del tempio di Hathor (vedi figura
5a, figura 10).
Il bassorilievo, in pietra arenaria, misura complessivamente 2.55 metri per
2.53 [7], mentre
il disco centrale ha un diametro di 1 metro e 55 centimetri
[8]. Il cerchio
che contiene la rappresentazione astronomica è sostenuto da quattro
paia di divinità con testa di falcone e dalle quattro divinità
dei punti cardinali. Tra le divinità sono disposti, con orientamento
non corretto, i segni geroglifici dell'Est e dell'Ovest
[9]. Sulla fascia
esterna compaiono i trentasei decani egizi, disposti in senso orario rispetto
alla rappresentazione
[10], con il primo
decano knm(t) allineato, verso il centro, con la stella Sirio (Sothis),
rappresentata come una vacca accovacciata su di una barca, con una stella
tra le corna. All'interno, assieme alla rappresentazione di Sirio, compaiono
i dodici segni zodiacali, il simbolo che indica l'asse longitudinale del
tempio, le costellazioni del Nord (poste a Nord dell'eclittica) e quelle
del Sud (tra cui Orione), i cinque pianeti visibili in esaltazione e, forse,
il simbolo della Luna
[11] (il cerchio
posto vicino alla costellazione dei
Pesci).[12]
I problemi posti dalla rappresentazione.
L'analisi di una rappresentazione egizia ci lascia assai spesso perplessi
e sorpresi, constatata l'apparente mancanza di "metodo" e l'evidente
difficoltà di comprensione degli elementi figurativi. Nel caso di
rappresentazioni astronomiche, e dunque con l'introduzione di elementi
tecnico-scientifici, l'incertezza aumenta ancor più.
La cultura scientifica egizia è infatti caratterizzata da una marcata
oscillazione tra precisione e approssimazione. Ad esempio, di fronte
all'orientamento della piramide di Cheope, esatto a meno di pochi centesimi
di grado, oppure alla corretta formula per il calcolo del volume del tronco
di piramide, in molti altri casi la soluzione è solo vagamente
approssimata, come nel calcolo dell'area di un quadrilatero generico oppure
di quella di un
cerchio.[13]
Le rappresentazioni astronomiche non si sottraggono a questa norma, proponendo
soluzioni a volte geniali nell'intuizione ma quasi sempre assai trascurate
nella
realizzazione.[14]
Né è semplice distinguere l'aspetto concesso alla composizione,
dagli elementi che devono essere rappresentati nel rispetto del concetto
egizio della "massima evidenza", da ciò che, infine, deve essere riportato
con precisione, per memoria o celebrazione del rito. Ad esempio, nello zodiaco
di Dendera la posizione assai decentrata della costellazione del Cancro,
è con ogni probabilità dovuta alla "necessità" di allineare
Giove con Marte, non potendolo però sovrapporre a Mercurio e dovendo
mantenere equivalenti le grandezze delle figure che identificano i pianeti.
Dunque, si dovrà procedere essenzialmente per induzione, con scarse
possibilità di dimostrare le tesi, di trovare prove documentali certe.
Il problema essenziale sarà pertanto di dare il giusto peso alle
osservazioni, cercando riscontri e similitudini ed evitando di imperniare
l'intero assunto su di un unico punto.
La rappresentazione dello zodiaco circolare di Dendera, pur con le premesse
appena fatte ma anche e soprattutto per il suo presentarsi come prototipo,
pone alcuni rilevanti problemi interpretativi, legati saldamente tra loro:
Orientamento del tempio di Hathor di Dendera.
Nel 1975, François Daumas scoprì una iscrizione sulla parete
esterna Ovest del Naos del tempio di Hathor di
Dendera.[17]
L'iscrizione geroglifica attesta che la cerimonia del "tendere la corda",
la fondazione del tempio, avvenne il 14° giorno del mese di
Epiphi del 27° anno del regno di Tolomeo XII Néos
Dionysos Aulète (80-51 a.C.), e che i lavori si conclusero
nel nono anno di
Augusto.[18]
Dunque, la costruzione iniziò il 16 luglio del 54 a.C, giorno della
levata eliaca di Sirio
[19], ed i lavori si conclusero tra la fine d'agosto del 21 a.C. e lo
stesso periodo dell'anno successivo.
A questo primo, importante, dato documentale, si deve aggiungere che il tempio
della nascita di Iside, edificato sotto Augusto su di un precedente tempio
tolemaico - costruito a sua volta su di un tempio ancora precedente - e posto
immediatamente a ridosso del tempio principale, ha esattamente lo stesso
orientamento del tempio di Hathor, ma è caratterizzato da una piccola
rotazione rispetto all'orientamento del tempio più antico, probabile
indice di una non trascurata scelta della direzione (si veda la
figura
10a).[20]
Il tempietto contiene un riquadro dove è descritta la nascita di Iside
(legata strettamente alla stella Sirio), partorita da Nut all'alba ed in
esso sono presenti anche molte rappresentazioni astronomiche.
L'unione di questi elementi, ha portato già da tempo alla conclusione
che il tempio sia orientato con l'asse trasversale diretto esattamente sul
punto della nascita di Sirio. Infatti, Sirio in quel periodo sorge a circa
18°, verso Sud, valore in esatta coincidenza con la direzione dell'asse
trasversale del tempio.
È da notare infine che, a Dendera, il Nilo forma un'ampia ansa che
lo porta a scorrere a Nord dell'area del tempio (si veda la
figura 10b). Poiché
era necessario orientare l'asse longitudinale del tempio verso il Nilo
[21], il problema
posto dall'ansa del fiume è stato evidentemente risolto ruotando di
90° l'intero edificio, mantenendo però, almeno sull'asse trasversale,
la direzione della levata di Sirio in quell'epoca.
Disposizione delle costellazioni.
Lo stretto legame tra la stella Sirio ed il tempio di Hathor di Dendera,
è rilevato anche dal fatto che, nel disco, la stella posta tra le
corna della vacca accovacciata è allineata esattamente con il Nord,
formando un angolo di 18° con il simbolo dell'asse del tempio. Tale
allineamento, assai preciso, non concorda per nulla, però, con la
realtà astronomica, poiché Sirio non è mai presente
nell'emisfero Nord, ma sorge, come s'è visto, circa ad Est-Sud-Est,
ha il suo culmine massimo a Sud ed infine tramonta all'incirca ad
Ovest-Sud-Ovest. Un'altra caratteristica del tutto peculiare riguarda la
disposizione dei dodici simboli zodiacali. Anziché, come ci si
attenderebbe, essere disposti con regolarità ad indicare il cerchio
dell'eclittica, essi sono distribuiti in due gruppi con diverse caratteristiche.
Il gruppo Vergine-Gemelli-Ariete descrive, con l'eccezione del Cancro, una
curva ribassata e con il suo centro non coincidente con il centro del disco,
ma leggermente spostato verso l'Ariete. Il gruppo Pesci-Sagittario-Bilancia
sta su di una curva assai più ampia e ancor più marcatamente
fuori centro. Le due curve ideali si uniscono definendo un asse perpendicolare
alla direzione Nord-Sud e non passante per il centro del disco, ma sulla
mano dell'Ippopotamo che impugna la bitta d'ancoraggio.
Vista l'impossibilità oggettiva di vedere contemporaneamente tutte
le dodici costellazioni dello zodiaco, il problema essenziale legato a quella
rappresentazione è di stabilire se le varie costellazioni sono disposte
con intento tassonomico e topologico, quasi costituissero un grafo, mirante
più alla reciproca relazione di vicinanza che alla precisione
planisferica, ovvero se quest'ultima intenzione esista, sia pur non nella
forma e con la precisione della proiezione stereografica.
Le analisi sin qui compiute, condotte spesso da astronomi con lo scopo di
identificare le antiche costellazioni egizie e di trovare strette relazioni
tra l'oggetto e la realtà astronomica, si sono presto arenate di fronte
ad evidenti incongruenze, giungendo alla conclusione che quella rappresentazione
"imita" sinteticamente la sfera celeste, senza alcun metodo scientifico,
quasi fosse una deformazione ad anello degli zodiaci rettangolari. In questo
senso, la disposizione anomala del Cancro ed altre piccole incoerenze sono
state spesso decisive. D'altro canto, altri commentatori hanno a volte forzato
l'interpretazione, tentando di dimostrare la conoscenza, da parte degli antichi
egizi, non solo del fenomeno e degli effetti sensibili della precessione
degli equinozi, ma anche del meccanismo complessivo e dei moti che quel fenomeno
sottende.[22]
Il metodo proposto in questa sede prevede la semplice misura, presa sull'ideale
sfera celeste, della lunghezza della corda tra una stella ed un polo di
riferimento ed il suo riporto radiale sul piano di rappresentazione, ancora
una volta a partire da un polo (vedi figura 11, in basso).
Figura 11. Schema che illustra il metodo proposto di misura della corda tra un polo di riferimento ed una stella. La misura può essere effettuata mediante due bacchette unite a compasso, di lunghezza uguale: la prima sarà puntata verso il polo di riferimento, la seconda verso l'astro da rappresentare. La distanza tra le due estremità libere delle bacchette darà la corda cercata. |
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Inoltre, sono qui proposte due date fondatrici, corrispondenti a due eclissi
di Sole, in grado di giustificare la configurazione complessiva.
La rappresentazione egizia, sia essa figurativa o architettonica, è
spesso caratterizzata dal ribaltamento, sul piano di rappresentazione, di
piani di norma tra loro perpendicolari. È del tutto assente un centro
di proiezione e di vista e ogni scorcio prospettico: manca dunque il piano
di sezione, l'occhio dell'osservatore e il concetto stesso di scorciamento,
sia esso funzione della distanza sia dell'angolo.
Tuttavia, negli orologi stellari ramessidi
[23] (XX din.,
vedi figura 12, in basso, ed anche la
figura 12a e la
figura 12b) - vere e proprie
effemeridi stellari, specifiche per una certa località, ora, epoca
storica e periodo dell'anno - si nota, sin da oltre un millennio prima dello
zodiaco di Dendera, l'uso sia della misura della "corda" tra un asse ed una
stella (una misura quasi "ad occhio", più che un rigoroso calcolo
dell'angolo), sia la valutazione (ancora una volta soggettiva) delle posizioni
degli astri rispetto ad un polo di riferimento.
In quelle rappresentazioni, infatti, anche se la griglia che contiene le
stelle non può essere considerata un vero e proprio piano di proiezione
(in virtù del metodo stesso di riporto delle stelle sulla griglia),
è senz'altro presente un "Punto di Vista" (l'osservatore che
deve rivolgere lo sguardo verso Sud) ed un "Punto Principale" sui
generis (lo scriba accovacciato di fronte all'osservatore).
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Figura 12. Lepsius, Denkmäler aus Ägypten und Äthiopen, Berlin 1849-58, vol. III, tavola 227. Orologio stellare ramesside dalla sala K della tomba di Ramses VI nella Valle dei Re, Tebe. |
La rappresentazione non è dunque affatto slegata dal mondo reale,
ma al contrario ne è immersa totalmente.
Il metodo di riporto delle stelle sulla griglia (in sostanza una sorta di
riporto di corde su un sistema cartesiano ante litteram, dotato di
un asse mediano di riferimento verticale e, implicitamente, anche di un
orizzonte), potrebbe, per molti versi, essere assai simile a quello usato
per lo zodiaco di Dendera, dove il polo è unico, come unico è
il polo celeste.
Un orologio ramesside rappresenta quasi una "fotografia" di una piccola porzione
del cielo (quella che circonda la sagoma di riferimento); lo zodiaco di Dendera
estenderebbe il metodo a tutta la volta celeste (la metà visibile
e l'altra invisibile, viste come un tutt'uno), con l'interessante innovazione
della disposizione ruotata delle corde misurate.
Un planisfero richiede necessariamente la familiarità con il concetto
di proiezione e di piano di proiezione e dunque di sezione: vale a dire richiede
la capacità di estraniarsi dalla realtà sensibile e di considerare
gli oggetti rappresentati e la rappresentazione stessa "dall'esterno".
Viceversa, il "riporto delle corde" è un'operazione che richiede due
semplici bacchette unite a compasso: nell'accezione più naturale,
e certo con minor precisione, può essere compiuta anche con le braccia
tese; una verso il polo di riferimento, l'altra verso l'astro da
rappresentare.
Individuato un possibile metodo di costruzione, prima ancora di una sua verifica,
restano da ricercare e definire gli istanti temporali usati dagli astronomi
egizi per la determinazione della rappresentazione: questi infatti saranno
almeno due, stante l'impossibilità pratica di osservare l'intera volta
celeste in una sola fase.
Il 1°ottobre del 62 a.C. ed il 20 settembre dell'anno successivo, a
Dendera vi furono due eclissi quasi totali di
Sole [24], la
prima del 77%, la seconda del 86% (vedi figure 13 e 14, in basso).
Figura 13. Eclisse di Sole a Dendera, circa alle 17 e 19, ora locale, del 1° ottobre 62 a.C. Il Sole tramonta alle 17 e 59 minuti, ora locale. Programma SkyMap. |
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Figura 14. Eclisse di Sole a Dendera, circa alle 5 e 54 minuti, ora locale, del 20 settembre 61 a.C. Il Sole sorge alle 5 e 52 minuti, ora locale. Programma SkyMap. |
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Queste due eclissi, già di per sé fenomeni memorabili (anche
se, stranamente, non compaiono mai espressamente indicate come tali nei vari
cicli astronomici, né in altre rappresentazioni egizie), acquistano
un'importanza ancor maggiore se si considerano alcune loro peculiarità
che le rendono uniche nell'intera storia dell'antico Egitto: sono molto vicine
nel tempo; entrambe sono quasi equinoziali; accadono la prima al tramonto
e la seconda all'alba, mostrando pertanto le due metà supplementari
della sfera celeste; sono quasi della stessa grandezza ed infine, ma non
meno importante, durante la seconda eclisse Sirio è al suo culmine
massimo a Sud. A rendere ancor più interessante la prima eclisse è
l'esistenza di un ciclo di otto anni (legando pertanto il 62 a.C. con il
54 a.C., anno della fondazione del tempio di Dendera) che sincronizza la
nascita eliaca di Sirio e quella di Venere: il 16 luglio del 62 e del 54
a.C., infatti, Venere sorge solo qualche minuto prima del primo sorgere della
stella Sirio. Un testo, scoperto da Brugsch a Dendera o Edfu, parla
esplicitamente del contemporaneo sorgere eliaco di Sirio e di Venere.
[25]
Nella prima eclisse il piano dell'eclittica forma un angolo di circa 40°
con il piano orizzontale, verso Sud; nel secondo caso essa è quasi
allo zenit dell'osservatore (vedi
figura 13, figura 14,
schema angoli eclittica,
e vedi anche schema in basso).
Schema delle disposizioni dell'eclittica. Posizione dell'eclittica durante le due eclissi di Sole del 62 e del 61 a.C. Identificazione delle corde tra il polo di riferimento e le stelle delle costellazioni zodiacali. In questa immagine le due giaciture dell'eclittica sono state poste, per semplicità, esattamente lungo la direzione Est-Ovest e il polo di riferimento è stato posto esattamente a Nord. In realtà, per il calcolo del grafico in figura 16, si sono usate le giaciture reali dell'eclittica durante le due eclissi di Sole del 62 e 61 a.C. e Thuban come polo. |
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Un osservatore rivolto verso Sud, al tramonto del giorno della prima eclisse,
avrebbe visto la costellazione dei Pesci assai bassa sull'orizzonte, verso
Est, simmetricamente quella della Vergine, sempre bassa, verso Ovest e le
altre costellazioni (Acquario, Capricorno, Sagittario, Scorpione e Bilancia)
alzarsi sino ad un massimo di circa 40° sull'orizzonte, a Sud, per poi
decrescere nuovamente verso Ovest. Poiché questa fu la prima delle
due eclissi e poiché le costellazioni sono, in questo caso, più
basse sull'orizzonte, è questa configurazione ad essere riportata
per prima, definendo anche come sarà riportata la seconda.
Quest'ultima, infatti, doveva necessariamente occupare l'altra metà
disponibile della rappresentazione e dunque essere "ribaltata" verso Nord.
D'altra parte, nella seconda eclisse le costellazioni zodiacali si dispongono
in un cerchio quasi verticale e con andamento Est-Ovest: era dunque indifferente
il ribaltamento a Nord piuttosto che a Sud. Ma il riporto a Nord delle rimanenti
costellazioni zodiacali induce automaticamente anche lo stesso ribaltamento
per Sirio, Orione e le altre costellazioni visibili durante la seconda eclisse
(o meglio, quelle che s'erano viste sino a pochi minuti prima, quando il
Sole era ancora circa 10 gradi sotto l'orizzonte).
Nella figura 15 e nella figura
16 (in basso) è riportato lo schema ideale ottenuto dalle due
configurazioni dette, usando il metodo del "riporto della corda"; adottando
però come polo di riferimento - anziché il polo Nord celeste,
che in quel periodo non era identificato con precisione da nessuna stella
- la stella Thuban
[26]
(alfa Draconis, la stella polare delle prime dinastie egizie,
appartenente ad una costellazione legata alla stella Sirio mediante la dea
Iside [27]), prendendo
in esame, per il calcolo, la latitudine di Dendera.
Figura 16. Confronto tra le costellazioni dello zodiaco e lo schema ottenuto mediante il metodo del riporto delle corde per una configurazione ideale di costellazioni disposte sull'eclittica e ugualmente intervallate. Il polo di riferimento è dato dalla stella Thuban (alfa Draconis). Le date e gli istanti considerati sono quelli delle due eclissi del 1° ottobre e del 20 settembre (equivalenti, come si vedrà più avanti, a quelle dei tramonti del 7 marzo e del 20 settembre). |
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Nello schema si notano alcune forti analogie con le caratteristiche della rappresentazione:
Scelta la prima eclisse come riferimento per l'orientamento, diviene logica
anche la disposizione delle altre costellazioni, riferite alla seconda
eclisse.
Infatti, all'alba del 20 settembre 61 a.C. (poco prima della seconda eclisse),
un osservatore rivolto a Sud avrebbe notato, ad esempio, la costellazione
dei Pesci alla sua destra (verso Ovest), ma nello zodiaco l'avrebbe vista
a sinistra, e così via per le altre costellazioni. L'aver fissato
la sequenza Pesci-Capricorno-Vergine, costringe però a continuare
ponendo l'Ariete vicino ai Pesci ed il Leone vicino alla Vergine e così
via, invertendo la sequenza della seconda eclisse. Anche l'orientamento dei
simboli, a parte forse la Bilancia, ben concorda con l'osservazione diretta:
la Vergine è rivolta verso lo zenit e dunque verso il centro della
composizione; il Leone, verso i Gemelli; questi ultimi, con buona
approssimazione, verso il polo di riferimento; il Toro si rivolge invece
verso l'esterno; l'Ariete è tutto posto sopra l'eclittica mentre il
Toro è quasi interamente a Sud di questa; i Pesci sono invece collocati
ad angolo retto rispetto all'eclittica stessa; l'Acquario è rivolto
verso il Capricorno; questo verso il Sagittario il quale, a sua volta, è
rivolto verso lo Scorpione, orientato anch'esso verso la Bilancia.
Anche Sirio e Orione e le costellazioni del Nord (con disposizioni calcolate
anch'esse con la prima eclisse), si situano correttamente all'interno del
disco: con il Drago posto sotto lo Sciacallo e questo sotto l'Orsa Maggiore,
non più, come notavano Neugebauer e Parker, del tutto fuori posto,
poiché il polo di riferimento non è più il polo Nord
celeste ma la stella Thuban, della costellazione del Drago.
A tal proposito, è da notare anche la posizione, sul disco, del polo
di riferimento, appartenente appunto alla costellazione del Drago: questo
è posto non al centro del disco (in corrispondenza dell'Orsa Minore,
che rappresenta il polo celeste), ma spostato sulla mano
dell'Ippopotamo.[28]
Certamente, lo zodiaco di Dendera non costituisce una vera e propria carta
del cielo: una rappresentazione con valenze e motivazioni scientifiche e
astronomiche. Piuttosto, vuole "congelare" una disposizione degli astri con
evidenti intenti di giustificare un orientamento: la presenza dell'asse del
tempio, l'allineamento della stella Sirio con il Nord (che però
corrisponderebbe al Sud e dunque alla sua culminazione), la disposizione
assai singolare delle costellazioni, i due segni geroglifici Est-Ovest ruotati
(come si vedrà più avanti), costituiscono un insieme di elementi
disparati, ed in apparente contraddizione tra loro, che possono però
essere uniformemente ricondotti ad una spiegazione semplice e logica.
Éric Aubourg [29], sulla scorta della posizione nello zodiaco dei cinque pianeti visibili [30], data l'epoca della sua concezione diluita tra giugno ed agosto del 50 a.C. La datazione proposta dall'autore, tiene anche conto di un'eclisse di Sole (questa volta limitata però al 30% circa), avvenuta il 7 marzo del 51 a.C. (vedi figura 17, in basso), circa alle 15, ora locale.[31]
Figura 17. Eclisse di Sole a Dendera, circa alle 14 e 54, ora locale, del 7 marzo 51 a.C. Il Sole sorge alle 6 e 9 minuti, ora locale, e tramonta alle 17 e 51 minuti. Programma SkyMap. |
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In quell'occasione il Sole e la Luna si trovano nei Pesci e nello zodiaco
compare, proprio a fianco di quella costellazione, un disco contenente una
figura che tiene per la coda un babbuino (forse rappresentante il Thot lunare),
quasi a volergli impedire di oscurare il Sole.
Considerando le date delle due ultime eclissi di Sole (quella del 20 settembre
61 a.C. e quella del 7 marzo 51 a.C.) è interessante notare che, nel
50 a.C., poco dopo il tramonto del 7 marzo e del 20 settembre le configurazioni
del cielo sono del tutto identiche a quelle delle prime due eclissi
(vedi figura 18,
figura 19; in particolare alla
sera del 7 marzo 50 a.C. la configurazione è quella della seconda
eclisse - con Sirio al suo culmine massimo a Sud -, la sera del 20 settembre
la configurazione è quella della prima
eclisse).[32]
Inoltre, il 7 marzo Giove è nel Cancro e Venere è tra Pesci
e Ariete (proviene dai Pesci); mentre il 20 settembre Mercurio è nella
Vergine (anche se sorge poco prima dell'alba), Marte è nel Capricorno
e Saturno nella Bilancia.
In altre parole, a meno di alcune variazioni
[33], tutti i
pianeti sono collocati nella loro corretta posizione, in due date, relative
ad altrettante eclissi, che ripropongono configurazioni del cielo identiche
alle prime due eclissi.
È inoltre da considerare come molto rilevante il fatto che la morte
di Tolomeo XII risalga alla primavera del 51
a.C.[34] L'eclisse,
accaduta a pochi giorni o settimane dalla morte, potrebbe in tal senso aver
acquistato un significato del tutto particolare, degno di essere tramandato
scolpendolo nel bassorilievo. Durante l'eclisse del 51 a.C., però,
anche la stella Sirio ritorna protagonista
(vedi figura 17). Prima di
analizzare quell'eclisse in relazione a Sirio, è utile notare che
i due segni geroglifici dell'Est e dell'Ovest sono esterni al disco contenente
lo zodiaco e, soprattutto, sono disposti esattamente al centro dello spazio
lasciato libero dalle mani intrecciate delle due divinità che sostengono
il disco. Potrebbero pertanto riferirsi (per evitare di sovrapporsi alle
braccia o alle teste delle divinità) anche ad un punto vicino a quello
effettivamente occupato, con un'approssimazione di alcuni gradi verso Est
o Nord. Un'ipotesi che spieghi la loro rotazione di circa 47°, alternativa
a quella che prende in considerazione la precessione degli equinozi, più
semplice ed immediata rispetto a quella, può riferirsi ad una indicazione
di direzione, e più precisamente alla direzione di Sirio durante l'ultima
eclisse di Sole. Durante l'eclisse del 7 marzo 51 a.C., la stella Sirio non
poteva essere visibile, poiché l'eclisse è stata solo
parziale.
Il 7 marzo è in ogni modo molto vicino all'equinozio (la durata del
dì è di 11 ore e 42 minuti) e poiché l'eclisse avviene
tre ore dopo il mezzodì e che, tre ore dopo l'eclisse, il Sole è
tramontato da poco (e Sirio è al suo culmine a Sud, com'è
rappresentato nel disco) è assai semplice, sapendo che quel giorno
il Sole sorge quasi esattamente ad Est e tramonta ad Ovest e conoscendo bene
la traiettoria di Sirio nel cielo del Sud, operare per proporzione sulla
traiettoria di Sirio. In tal modo si compie un errore di circa due gradi,
mantenendo però la simmetria della composizione. Per far questo non
è nemmeno necessario ragionare per angoli ma esclusivamente con
proporzioni tra tempi e spazi.
Verso l'equinozio d'autunno del 61 e del 62 a.C., avvengono a Dendera due
eclissi di Sole, quasi totali e assai peculiari. Non solo si ripetono quasi
nello stesso giorno a distanza di un anno (con la prima eclisse legata all'anno
di fondazione del tempio dalla coincidenza della nascita eliaca di Sirio
e di Venere), ma la prima eclisse si compie al tramonto e la seconda all'alba,
con la stella Sirio al suo culmine massimo a Sud. La configurazione astronomica
è dunque simile e poiché la durata del dì equivale a
quella della notte, esse fissano pertanto due "istantanee" del cielo simmetriche
e supplementari tra loro, evidenziando anche due sestine di segni zodiacali,
i quali insistono su curve che tagliano l'orizzonte ad Est e ad Ovest.
Il piano dell'eclittica è inclinato rispetto all'orizzonte di circa
40° nella prima eclisse - verso Sud - ed è invece quasi verticale
nella seconda. Dovendo rappresentare tutte insieme le dodici costellazioni
sul piano orizzontale di un soffitto, è assai logico pensare di riportare
per prime, verso Sud, le sei costellazioni più prossime a questo piano,
le quali non solo fanno riferimento alla prima eclisse ma sono anche, con
tutta evidenza, rivolte verso Sud.
Le sei costellazioni della seconda eclisse, pertanto, dovranno necessariamente
essere riportate verso Nord, non potendosi sovrapporre alle precedenti ed
appartenendo ad un arco d'eclittica che passa per lo zenit dell'osservatore,
in una posizione neutra tanto per il Nord quanto per il Sud. Questo però
fa sì che anche la stella Sirio e la costellazione di Orione siano
rappresentate verso Nord. In questo senso l'allineamento della stella Sirio
con il Nord indica in realtà la sua presenza a Sud, al suo culmine
massimo, come infatti avviene durante la seconda eclisse. Il riporto verso
Nord, inoltre, deve anche invertire l'orientamento dell'ultima sestina, per
poterla correlare con la prima. All'alba del 20 settembre del 61 a.C., data
della seconda eclisse, la costellazione della Vergine è posta ad Est
e quella dei Pesci ad Ovest. Nello zodiaco le posizioni sono invertite
poiché sono già state prefissate dalla prima eclisse.
La prima eclisse fissa inoltre anche la posizione delle tre costellazioni
circumpolari a noi note con certezza: l'Orsa Maggiore, la Minore e il
Drago.
Porre Sirio esattamente a Nord anziché esattamente a Sud, avvicina
la stella al simbolo dell'asse del tempio; quest'ultimo orientato con riferimento
al punto di nascita della stella stessa. È in tal modo legata con
evidenza la stella Sirio con l'orientamento del tempio, fondato il giorno
stesso della nascita eliaca di Sirio.
Del resto la stessa dea Nut, posta all'esterno del disco, è rivolta
verso il Sud, ad indicare la direzione preferenziale di vista.
Per quanto concerne la disposizione delle costellazioni zodiacali, al contrario
di altri simili casi nei quali esse sono poste a formare esattamente un cerchio,
si nota un evidente schiacciamento, rispetto al centro del disco, della curva
ideale che contiene le costellazioni comprese tra la Vergine, i Gemelli ed
i Pesci.
Le due curve ideali che interpolano le costellazioni zodiacali hanno inoltre
ampiezze ben diverse tra loro.
Infine, sia pur considerando il carattere artistico più che scientifico
della rappresentazione, è anche possibile osservare uno slittamento
tra le due curve che inglobano le sestine, ed una posizione decentrata rispetto
al centro del disco.
Tutte queste caratteristiche possono trovare una spiegazione ipotizzando
una sorta di "riporto di corde", concettualmente simile a quanto avviene
negli orologi stellari ramessidi. Se in quel caso si misuravano, e si riportavano
su di un diagramma quadrettato, le distanze (le corde) tra una stella ed
un asse verticale (quelle rappresentazioni sono poste, infatti, su pareti
verticali e non su soffitti), in questo caso la misura della corda avviene
rispetto ad un polo, ed il riporto si applica a raggiera, coprendo i 360
gradi delle dodici costellazioni. Se il polo di riferimento non è
il Nord celeste - in quell'epoca non identificato da nessuna stella - ma
l'antica stella polare alfa Draconis (Thuban), non solo
le costellazioni più prossime allo zenit sono anche più vicine
al polo di riferimento (e dunque con corde più piccole), ma per la
non perfetta simmetria delle due eclissi le due curve sono anche leggermente
slittate tra loro. Il 7 marzo del 51 a.C. accade poi un'altra eclisse di
Sole, ancora una volta in periodo equinoziale e quasi in coincidenza con
la morte di Tolomeo XII, fondatore del tempio di Hathor. In questo caso la
Luna ed il Sole sono posti nella costellazione dei Pesci (come nello zodiaco)
e la stella Sirio, al suo culmine a Sud subito dopo il tramonto, è
a circa un quarto del suo tragitto. L'eclisse può dunque spiegare
in modo assai logico e semplice la presenza, sul bordo esterno del disco,
dei due segni geroglifici dell'Est e dell'Ovest, ruotati di circa 47°
in senso antiorario rispetto alla vera direzione dell'Est e all'Ovest. Durante
quest'ultima eclisse, infatti, la stella Sirio è anch'essa analogamente
ruotata rispetto al Sud.
I due segni geroglifici potrebbero pertanto indicare una direzione: quella
verso la quale si trovava la stella Sirio nel momento dell'eclisse del 51
a.C. Se nel disco la stella Sirio è posta a Sud (sia pur ribaltato
a Nord) - posizione definita da un'eclisse di Sole - nello stesso disco si
dà anche la direzione, rispetto a quanto rappresentato, della stessa
stella in occasione di un'altra eclisse. Un'eclisse, tra l'altro, collegata
alla prima, poiché ripropone, al tramonto, la stessa configurazione
astronomica dell'eclisse di riferimento.
In quest'ottica, l'intera rappresentazione sarebbe pertanto legata strettamente
a tre vicine eclissi di Sole, con le ultime due che propongono, nel 50 a.C.,
una configurazione planetaria simile a quella del disco. Quest'anno è
poi caratterizzato da una quarta eclisse di Sole, quasi totale e con Sirio
ancora una volta al suo massimo a Sud, vedi
figura R.
Sin dal giorno della sua moderna riscoperta, lo zodiaco circolare di Dendera
ha suscitato il più vivo interesse da parte degli storici dell'arte,
dell'astronomia e della rappresentazione; soprattutto per le sue
peculiarità derivate dal costituirsi come primo modello esemplare.
L'impianto complessivo della rappresentazione indica chiaramente una disposizione
non casuale delle figure che identificano gli astri e le costellazioni. Manca
tuttavia l'evidenza inoppugnabile, documentale, sia dell'esistenza di un
metodo scientifico di costruzione della rappresentazione; sia delle
caratteristiche del metodo stesso; sia, infine, di quali siano stati gli
istanti scelti per 'congelare' la volta celeste sulla pietra.
Questo breve saggio, più che tentare di dimostrare ciò che
ancora non può essere provato, ha pertanto lo scopo di formulare delle
ipotesi, le più plausibili e coerenti. Supposizioni che per essere
acquisite richiedono ulteriori indizi, un numero ancor maggiore di riscontri
ed anche una sola prova documentale.
Per contro, il raggiungimento di una certezza positiva fornirebbe una assai
interessante e nuova chiave di lettura circa la rappresentazione del cielo
in quel torno di tempo.
Appendice - Appunti di meccanica astronomica: i moti apparenti delle stelle.
I fenomeni celesti si presentano all'osservatore come proiettati sul grande
"schermo" della "volta celeste". Questa ci appare come un'enorme cupola,
la sfera celeste, dove il Sole, la Luna, i pianeti, le stelle e le comete
sembrano descrivere i loro moti. Noi sappiamo che questi movimenti sono,
in gran parte, apparenti e dovuti al moto di rotazione della Terra attorno
al proprio asse, alla sua rivoluzione attorno al Sole ed al moto conico della
precessione lunisolare. Gli antichi interpretavano invece questi moti come
reali.
Per comprendere meglio la meccanica di quei moti, è utile suddividerne
gli effetti e considerarli, a volte, con l'osservatore posto sulla superficie
terrestre; altre volte da un punto esterno all'Universo, molto lontano dalla
Terra, dal Sole e anche dalle stesse stelle.
Poiché la distanza tra la Terra e le stelle, anche le più vicine,
è enormemente più grande di quella, ad esempio, tra la Terra
ed il Sole o la Luna, possiamo, con ottima approssimazione, considerare le
stelle come fisse e proiettate su di una sfera il cui centro è posto
al centro della Terra. Nei casi considerati in questo articolo, il moto proprio
delle stelle, variabile per intensità e direzione, può essere
trascurato senza apprezzabili errori. Poiché la Terra ruota attorno
al suo asse, è utile definire come poli Nord e Sud celesti i due punti
d'incontro tra la retta che contiene l'asse di rotazione terrestre e la sfera
celeste stessa. L'equatore celeste sarà pertanto costituito dalla
circonferenza di sezione tra la sfera celeste ed il piano che passa per
l'equatore terrestre. Anche la distanza tra la Terra ed il Sole è
infinitamente più grande del raggio terrestre e dunque, ad esempio,
un qualsiasi osservatore posto sulla superficie terrestre vedrà il
Sole, rispetto ad un sistema esterno alla Terra e in un dato istante, sotto
lo stesso angolo di un qualsiasi altro osservatore terrestre. L'asse di rotazione
terrestre non è però perpendicolare al piano di rivoluzione
della Terra attorno al Sole (il piano di rivoluzione non coincide dunque
con l'equatore), ma è inclinato rispetto alla perpendicolare di circa
23.5°. Il piano di rivoluzione taglia la sfera celeste in un cerchio,
detto eclittica (deviazione, in greco).
L'eclittica taglia a sua volta l'equatore celeste in due punti: il punto
equinoziale di primavera (punto gamma o primo punto d'Ariete) e punto equinoziale
d'autunno o primo punto della Bilancia. Per comodità, è utile
considerare singolarmente gli effetti prodotti dai tre principali moti che
influenzano il movimento apparente delle stelle nel cielo notturno.
Rotazione della Terra attorno al proprio asse. La rotazione della Terra attorno al proprio asse provoca l'apparente moto giornaliero di tutte le stelle attorno alla stella polare, la quale individua con buona precisione il Polo Nord celeste. L'altezza angolare del Polo Nord celeste (rispetto all'orizzonte e per il nostro emisfero) è pari alla latitudine del luogo. Dunque, al crescere della latitudine, l'osservatore nota l'innalzamento angolare del Polo Nord celeste: all'equatore il polo Nord celeste è posto sull'orizzonte e pertanto la stella polare è a mala pena visibile e le stelle sembrano ruotare attorno ad un punto posto sull'orizzonte. Al polo Nord, invece, le stelle visibili sono tutte circumpolari e descrivono tutte traiettorie orizzontali: la stella polare è infatti allo zenit dell'osservatore. Tutte le stelle che distano dal Polo celeste meno dell'angolo di latitudine descrivono sulla volta celeste dei cerchi completi e non tramontano mai (stelle circumpolari); le altre sorgono e tramontano sull'orizzonte descrivendo cerchi sempre più grandi, quanto più grande è la loro distanza angolare dal Polo Nord celeste (oltre i 90°, i cerchi tornano via via a ridursi). Pertanto, all'equatore nessuna stella è circumpolare; mentre, ad esempio, a 26°di latitudine Nord sono circumpolari solo le stelle che formano con la stella polare un angolo minore di 26°. Tracciando un cerchio meridiano che passi per il Polo Nord celeste, questo interseca le traiettorie circolari delle stelle in due punti simmetrici detti culminazioni: superiore e inferiore, secondo che si trovino sopra o sotto il Polo Nord celeste. Nel caso delle stelle circumpolari sono visibili entrambe le culminazioni; per le altre stelle visibili, è invece possibile osservare solo la culminazione superiore. Poiché le stelle possono essere considerate fisse (almeno per periodi di tempo di alcune decine di anni), e poiché è fissa anche la direzione dell'asse terrestre (sempre per analoghi periodi di tempo), le stelle stesse sorgeranno e tramonteranno sempre nello stesso punto, a parità di latitudine.
Rotazione della Terra attorno al Sole. Se, fissata la latitudine, ogni stella sorge e tramonta sempre nello stesso punto e compie la stessa traiettoria nel cielo, questo non avviene però nello stesso istante. Vale a dire, una data stella non sorge sempre alla stessa ora, perché il giorno sidereo non è uguale al giorno solare. Dato che ogni giorno la Terra compie una parte (1/365 circa) della traiettoria quasi circolare attorno al Sole, perché il Sole si presenti due volte esattamente a Sud (sia dunque trascorso un intero "giorno solare" di 24 ore) è necessario che la Terra stessa compia una rotazione completa attorno al proprio asse, più una ulteriore rotazione pari a circa 1 grado (1/356 di 360 gradi della rotazione completa). Per compiere questa ulteriore rotazione la Terra impiega circa 4 minuti: dunque il giorno sidereo (il periodo richiesto ad una stella per ripassare sul meridiano) è più breve del giorno solare di circa 4 minuti (vedi figura 20). Infatti, per osservare una data stella in una certa posizione, è necessario che la Terra compia un giro completo (e non di più) attorno al proprio asse. Questo comporta che una data stella sorge sì nello stesso punto ma non alla stessa ora: dieci giorni dopo sorgerà, infatti, 40 minuti prima e un mese dopo circa due ore prima. Capiterà dunque di poter osservare il sorgere (o il tramontare) di una data stella in alcuni periodi dell'anno e non poter farlo in altri perché il Sole, già sorto, ne impedisce la visione. Esiste pertanto un periodo di non visibilità di una stella, periodo variabile da stella a stella e dipendente dalla distanza angolare della stella dalla polare, oltre che dalla latitudine del sito. Infatti, se le stelle circumpolari sono sempre visibili, le altre stelle compiono sopra l'orizzonte una parte più o meno grande della loro traiettoria circolare attorno alla polare: minore è la loro distanza angolare dalla polare maggiore sarà la parte visibile della loro traiettoria e dunque maggiore sarà anche la probabilità che una parte della traiettoria appartenga alla notte. È anche evidente che la probabilità di vedere la stella è più alta in inverno (notti più lunghe, in funzione della latitudine) e cala in estate (notti brevi, sempre con durata in funzione della latitudine del sito).
Rotazione "conica" completa dell'asse terrestre rispetto alla verticale al piano dell'eclittica: periodo 25700 anni circa. La Terra, per il suo movimento di rotazione attorno al proprio asse, è schiacciata ai poli e rigonfia all'equatore. Poiché l'asse di rotazione è inclinato rispetto al piano della sua orbita attorno al Sole, l'attrazione gravitazionale del Sole (e della Luna) tende a raddrizzare l'asse terrestre. La Terra reagisce dinamicamente a queste azioni con un "effetto giroscopico" (o "effetto trottola", poiché si comporta come una trottola in movimento) per il quale l'asse, pur mantenendo quasi costante la sua inclinazione sul piano dell'orbita, descrive un movimento conico attorno alla normale al piano dell'eclittica, con un periodo di circa 25700 anni e in senso orario, contrario a quello della Terra attorno al proprio asse ed a quello della Terra attorno al Sole. Questo moto è detto "precessione lunisolare" e comporta il fenomeno della "precessione degli equinozi". La direzione in senso orario del moto fa sì che il punto gamma (equinozio di primavera) si anticipi di circa 50" d'arco ogni anno, corrispondenti a circa 20 minuti e mezzo: in altre parole l'equinozio di primavera, vale a dire il punto dell'orbita terrestre nel quale il piano verticale contenente l'asse terrestre è perpendicolare al segmento Terra-Sole, anticipa ogni anno di circa 20 minuti e mezzo (un intero anno in 25700 anni). In circa 70 anni gli equinozi ed i solstizi anticipano di un giorno. Vi è dunque uno sfasamento continuo, sia pur lento, tra le stagioni e il calendario, anche se quest'ultimo tiene conto del fatto che l'anno solare non è esattamente di 365 giorni ma di circa 365 giorni e un quarto. Infatti, viene definito anno siderale il periodo di tempo affinché la Terra torni ad apparire nella stessa posizione rispetto alle stelle e anno tropico, più breve appunto di 20 minuti e mezzo, il periodo di tempo che intercorre tra due successivi ritorni all'equinozio di primavera (punto gamma). Il polo Nord celeste, dunque, varia nel tempo, al contrario del polo Nord terrestre, legato all'asse di rotazione. Le traiettorie delle stelle, a distanza di centinaia o migliaia d'anni, variano dunque sensibilmente poiché esse sembrano ruotare attorno ad un altro punto: pertanto una data stella sorgerà e tramonterà in punti diversi, stelle che prima erano circumpolari non lo saranno più e viceversa.
Lo zodiaco circolare di Dendera. Camillo Trevisan, dicembre 1997, ultimo aggiornamento gennaio 1998. |
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